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L’architettura delle ombre di Boullée. Il cenotafio di Newton, il genio sublime.

18 Novembre 2022

Nel secolo dei Lumi soffia forte il vento della Rivoluzione.

Specialmente in Francia. Le teste salteranno via dai nobili colli dei potenti in un battito di ciglia.

Nel 1753, Laugier mette nero su bianco i principi della crisi degli ordini classici. Una crisi che in realtà è ben più profonda.

Madama Architettura la osserva, seduta sui cocci di un capitello in frantumi almeno quanto l’ordine mondiale. In una mano compasso e squadra, come cazzuola e cemento. Con l’altra indica la capanna che ha costruito.

E non è un caso che questa sia la replica di un tempio greco. Colonne, timpani e trabeazioni.

La Ragione degli Illuministi fa a botte con la Fede della Chiesa. Per questo ripudiano la creazione divina e credono nella Natura, motore universale. Unica vera fonte di vita.

L’unica vera onnipotente, creatrice di tutte le cose visibili e invisibili.

Eppure, nel suo momento più alto, la Ragione inizia a scricchiolare.

In architettura, il campo viene invaso da storici, teorici, disegnatori, ingegneri. Non si tratta più solo di architetti. Ed ecco che anche il loro trono inizia a scricchiolare.

 

La crisi degli ordini classici e le scoperte archeologiche

L’architettura ripiega su sé stessa e lascia spazio ad altre discipline. Storia e teoria spadroneggiano in un momento in cui la foga per le nuove scoperte archeologiche dilaga.

Ritornano alla luce Pompei ed Ercolano. L’antico Egitto esercita il suo fascino scintillante mentre Lord Elgin depreda il Partenone per conto della Regina Vittoria.

E a questo proposito, sembrava che Elgin avesse una fulgida carriera davanti a sé. Però era pieno di debiti e non era riuscito a vendere i preziosi marmi ateniesi al British Museum per la cifra che aveva in testa. Il risultato fu una vita in fuga dai creditori. Aveva pure la sifilide. Insomma, una vitaccia. Cercò di salvarsi il culo denunciando la moglie per adulterio, ma non fu sufficiente. Divorziò, ma il parlamento decise che non fu tradimento. Lo scandalo fu di proporzioni colossali facendogli fare una grandissima figura di merda.

Ma non è finita qui. Non è solo colpa (o merito) dell’archeologia se nasce questo amore viscerale per la storia dell’architettura.

In un’atmosfera che sembra precedere (e in effetti è proprio così) l’alba del romanticismo, nell’osservare le magnificenze del passato, nasce nell’osservatore una malinconia travolgente, condita da un “profondissimo senso di perdita”. Alle cose del passato si attribuisce finalmente non solo un fascino esotico, ma un valore.

 

L’esercito degli architetti-disegnatori

Così, per lo stesso motivo, l’architetto smette di costruire e inizia a disegnare. E disegna mondi fantastici, architetture impossibili di inquietante bellezza. Forme purissime senza nemmeno un ornamento (ah come godrebbe Loos!). “L’architetto-disegnatore” esplora l’ultima frontiera della sua onnipotenza, limitandosi alle due dimensioni e ad un giudizioso “penso quindi sono”.

Lentamente si compie la distruzione dei valori dell’architettura classica, addolcita da una mirabile angoscia.

Boullée è uno di quegli architetti-disegnatori. Che pure si bea delle sue folgoranti intuizioni di carta, in una sorta di muta protesta scritta.

Il suo procedimento logico è sempre lo stesso: nucleo emozionale di riferimento, costruzione di un’immagine complessiva, analisi tecnica, ricostruzione dell’opera.

La lucida immaginazione con cui produce le sue architetture, a detta sua, non ha niente di fantastico. Piuttosto deriva dalla Natura. E in quanto tale è formalmente pura e perfetta. All’anima dell’autocelebrazione.

 

L’architettura perfetta di Boullée

Eppure, anche se era un esaltato del cavolo, Boullée aveva ragione. Aveva disegnato architetture pure e perfette. Che si ispiravano in ogni sfumatura alla natura.

Sono architetture che si fa una gran fatica a pensare e tradurre sulla carta. E per Boullée questa gran complessità è proporzionale alla sua “difficile semplicità”. Per questo parla di adesione dell’opera alle leggi della natura ed è qui che si esprime la sua fatica.

Parla di architettura sepolta, quella funeraria, quella che affiora dalla terra. Un’architettura che è fatta ancora una volta di forme pure di cui però si scorge solo una parte. Parla delle piramidi egizie mastodontiche ed eterne.

Anche lui ne aveva progettata una per il Maresciallo di Turenne, per celebrare l’eroe che aveva combattuto ed era caduto in battaglia.

Nel suo cenotafio convivono sentimento e bellezza:” E poiché triste deve essere l’effetto di questi monumenti, io ho tralasciato di introdurre alcuna ricchezza d’architettura. […] Ho dato alla piramide la porzione del triangolo equilatero, poiché la perfetta regolarità costituisce la bellezza della forma”

 

L’architettura delle ombre al chiaro di luna

Racconta poi dell’architettura delle ombre che nasce “dall’esperienza diretta, logica e sentimentale, della natura”. Un giorno camminando in una notte di luna piena aveva notato con occhi diversi la sua ombra sulla strada. Si era reso conto che ogni corpo proiettava un’ombra e che era anch’essa architettura.

Boullée spinge per vedere le cose attraverso le loro ombre proiettate dalla luce.

Così le ombre esprimono la profonda tristezza della sepoltura e del suo monumento.

Ciò che cerca è stabilire un rapporto tra l’architettura e il tempo. Poiché questa è il prodotto dell’uomo.

È quanto resta dell’uomo.

E la sua durevolezza è fondamentale:

 

” Bisogna quindi che questi monumenti siano concepiti in modo da sfidare la devastazione del tempo. […] Questi progetti richiedono in modo più particolare rispetto ad altri, la Poesia dell’architettura”

 

Boullée consacra completamente sé stesso all’architettura e rinnega in tutto o in parte i maestri del passato.

 

“Dominato dall’amore eccessivo per la mia arte, mi sono completamente consacrato ad essa. […] Disdegno, lo confesso, di limitarmi allo studio dei nostri antichi maestri”

 

Sputa in faccia a Vitruvio e si dissocia dalla definizione che questo dà dell’Architettura. Anzi, asserisce che ha proprio sbagliato tutto.

 

“Cos’è l’architettura? La definirò io, con Vitruvio, l’arte del costruire? Certamente no. Vi è in questa definizione, un errore grossolano. Vitruvio prende l’effetto per causa”

 

L’architettura per Boullée è dunque poesia, pura e perfetta. Tra le Arti è quella che si avvicina di più alla Natura e che per questo ha indubbiamente più potenziale.

Se non è riuscita ad esprimere sé stessa appieno in secoli e secoli, la colpa è solo dell’architetto. Distratto da questioni di poco conto.

 

“Era in un soggiorno immortale, nel cielo, che io volevo deporre Newton”. Il cenotafio.

Boullée si impegna a risollevare le sorti della sua categoria. Si dedica anima e corpo all’architettura delle ombre e partorisce quella meraviglia che è il Cenotafio di Newton. Un’architettura incredibile, ma impossibile da costruire.

 

“Spirito sublime! Genio vasto e profondo! Essere divino! Newton! Degnati di gradire l’omaggi del mio debole talento! Ah! Se io oso rendere pubblico questo omaggio è perché sono persuaso di avere superato me stesso nell’opera che qui voglio esporre. O Newton! Se con la vastità dei tuoi lumi e la sublimità del tuo genio hai tu determinato la figura della terra, io ho concepito il progetto di avvolgerti nella tua stessa scoperta.”

 

Sarebbe dovuta essere la più imponente mai costruita. Più alta persino della magnifica piramide di Cheope.

Una sfera senza alcun ornamento adagiata su un basamento concentrico ricoperto da filari ordinati di cipressi scossi dal vento. Voleva esprimere il sublime e l’immortalità del genio. Raccontando la sua incredibile scoperta che rivoluzionò il mondo intero.

Colui che fosse entrato in questa architettura, per così dire, naturale (anche se a noi  potrebbe forse suonar meglio “impossibile”), sarebbe stato obbligato a stare in un unico punto, costretto dalla concavità perfetta della sfera. Il punto di osservazione perfetto per non farsi corrompere dalla curiosità.

 

”Ecco il vantaggio, unico, che deriva da questa forma: da qualsiasi parte si volgano gli sguardi (come nella natura) non si vede altro che una superficie continua senza fine né principio. […] Questa forma […] è tale che lo spettatore non può avvicinarsi a ciò che pure ha di fronte; egli è obbligato, come se costretto da forze sovrumane, a stare al posto che gli è assegnato e che, occupandone il centro, lo tiene a una distanza adatta a favorire effetti dovuti all’illusione. […] Isolato da tutte le parti i suoi sguardi non possono che posarsi sull’immensità del cielo.”

 

Il sarcofago, al centro, l’unico punto a cui potersi avvicinare e rendere omaggio al genio sublime di Newton.

L’osservatore avrebbe osservato la volta stellata della sfera di giorno. Un’illusione sapiente ottenuta praticando su di essa dei fori di diverse grandezze. La riproduzione della posizione degli astri e della luna sarebbe stata perfettamente fedele alla realtà.

E poi avrebbe potuto vedere un sole artificiale luminosissimo la notte. Unica decorazione del cenotafio. Una sfera armillare di cui regolare la luminosità e creare un’illusione.

Boullée non aveva voluto decorare oltre perché già così aveva l’impressione di tradire i suoi principi e di disonorare la memoria di Newton.

In ogni caso, il visitatore avrebbe potuto facilmente scambiare il giorno con la notte.

A proposito dell’uso dei fori nella volta per simulare il cielo stellato scrisse: “Mi obietterà qualcuno che si sono già viste cose simili? […] Lo so, come lo sanno tutti. […] In effetti io non contesto il mezzo impiegato, ma il risultato. E se qualcuno presume che non offro niente di nuovo o qualcosa che mi appartiene io osservo semplicemente che prima di Newton si erano già viste cadere le mele.”

È certo che Boullée fosse un lucidissimo visionario. Disegnando con le ombre aveva saputo descrivere l’architettura pura nel suo punto più alto. Così alto di diventare irraggiungibile.

 

Prospetto del cenotafio di Newton di Boullée
Étienne-Louis Boullée, il cenotafio di Newton. Prospetto. Immagine di pubblico dominio.

 

 

Sezione del cenotafio di Newton di Boullée di giorno
Étienne-Louis Boullée, il cenotafio di Newton di giorno. Sezione. Immagine di pubblico dominio.

 

 

Sezione del cenotafio di Newton di notte
Étienne-Louis Boullée, il cenotafio di Newton di notte. Sezione. Immagine di pubblico dominio.

 

Fonti

Wilkinson P., Atlante delle architetture fantastiche

Biraghi M., Storia dell’architettura contemporanea. Volume 1.

Boullée E.L., Architettura. Saggio sull’arte

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